La tassa su airbnb è il solito pasticcio all’italiana.
Nella fretta di scrivere una norma che mettesse una pezza ai conti, il governo ha pensato bene di aumentare la confusione con il rischio di aprire una valanga di conteziosi senza riuscire e mettere le mani sul tesoretto degli affitti brevi.
Purtroppo gli unici dati risalgono al 2015 quando gli utenti di airbnb in italia hanno incassato 394 milioni di euro di affitti da locazione: con l’applicazione delle cedolare secca nelle casse del tesoro sarebbero entrati poco più di 82 milioni di euro.
Alcune stime prudenziali, però, indicano che il mercato di riferimento valga almeno un miliardo, secondo altri non si è lontani dai 3 miliardi di euro.
Tradotto: le nuove entrate potrebbero oscillare tra i 210 e i 630 milioni di euro.
A patto di riuscire a incassare il dovuto. e in questo senso la manovra di primavera di certo non aiuta, anzi rende confusa la situazione.
Se l’obiettivo è chiaro, le modalità non lo sono per nulla.
Per dare una stretta all’evasione fiscale il governo ha deciso che l’intermediario immobiliare si trasformi in sostituto d’imposta trattenendo alla fonte il 21% dell’affitto tassato con cedolare per poi girarlo all’erario. Nella testa di Padoan&c, i destinatari del provvedimento erano le piattaforme come airbnb, homeaway, expedia e booking, eppure nel testo non c’è alcun riferimento ai portali internet.
I responsabili della trattenuta alla fonte saranno “i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali online, mettendo in contatto le persone in ricerca di un immobile con le persone che dispongono di unità immobiliari da locare”.
A loro, quindi, spetterà trasmettere “i dati relativi ai contratti”.
Con un’interpretazione letterale della norma il ruolo di sostituto d’imposta spetterebbe solo agli agenti immobiliari. Le piattaforme online, da airbnb e booking non possono definirsi intermediari” dice Stefano Bettanin presidente dell’associazione nazionale di categoria degli imprenditori del vacation rental property managers Italia che poi aggiunge: “ci auguriamo che i portali collaborino in maniera responsabile con l’agenzia delle entrate affinché si contrasti in maniera decisa ed efficace l’evasione fiscale a beneficio del paese con il più alto potenziale di turismo al mondo. Solo con la collaborazione di tutti si potrà realmente rilanciare il sistema italia”.
Insomma, il primo nodo da sciogliere riguarda chi dovrà e potrà agire come sostituto d’imposta.
Ma proprio qui sorge un nuovo problema: la norma è in vigore dal primo giugno – nel pieno della stagione estiva -, ma l’agenzia delle entrate avrà tempo fino al 23 luglio per definire le modalità d’ingaggio. “
A meno di un intervento celere da parte del fisco, la prima parte dell’estate sarà quindi all’insegna del caos. Anche perché le piattaforme online avranno gioco facile a chiedere un rinvio dell’entrate in vigore della norma chiedendo tempo per adeguarsi alla legge.
A complicare la situazione ci sono le implicazioni che il ruolo di sostituto d’imposta comporta. Per fare le veci del fisco serve una stabile organizzazione in Italia che – a cascata – implica il pagamento delle tasse sui profitti generati nel paese: fino ad oggi, a cominciare da Google e Amazon, tutti i portali internet di ecommerce e servizi per non versare le imposte dovute hanno sostenuto di non avere una stabile organizzazione in Italia e che utili e ricavi fossero tutti in capo alla casa madre estera.
Anche per questo in un’intervista a Repubblica, il country manager di airbnb Matteo Stifanelli si è detto disponibile a fare “l’agente contabile, ma non il sostituto d’imposta perché incompatibile con il ruolo della piattaforma”.
Come a dire che se l’esecutivo continuasse a chiudere un occhio sulla natura delle piattaforme online e magari dimenticasse anche la web tax, le stesse società online sarebbero disponibili ad assumere il ruolo del cassiere. Senza assumersi alcuna responsabilità e continuando a risparmiare milioni di tasse.